Franco Azzinari,“Sono partito poverissimo da San Demetrio Corone”
di Pino Nano
“Ero ancora bambino quando incominciai a dipingere i miei primi quadri, e a realizzare i miei primi ritratti. Avevo otto,nove anni, non di più. E sai come facevo? Allora noi eravamo poverissimi, mia mamma lavorava la terra, andava in campagna dalla mattina alla sera a raccogliere erba da cucinare poi la sera, e dopo cena per evitare che il fuoco potesse bruciare altra legna mia madre gettava dell’acqua sui carboni accesi. Io aspettavo che passasse la notte, e la mattina dopo, prima che lei riaccendesse il fuoco, io andavo nel camino a rubare i pezzi di carbone rimasti. Con quella carbonella io presi a disegnare le mie prime cose, i miei primi paesaggi, poi le mie prime nature morte, e poi ancora le facce dei miei compagni di scuola. Ma la vita che vivevo a San Demetrio era così povera e piena di rununcie che già da bambino io non sognavo altro che lasciare la mia casa, la campagna intorno, e cercarmi un posto più sereno dove vivere”.
Nessuno potrebbe mai immaginarlo, ma oggi a Cuba, nel cuore più antico dell’Avana, troviamo colori di Calabria un pò dappertutto. Sono le tele dipinte da un artista calabrese, che a Cuba da anni è di casa, e la cosa che più che ci colpisce è che da anni qui tutti lo considerino figlio adottivo dell’isola caraibica.
Lui si chiama Franco Azzinari, viene da molto lontano, le sue origini calabresi ci riportano a San Demetrio Corone, in uno dei paesini più piccoli e più poveri della Sibaritide, in provincia di Cosenza, da dove appena ragazzo poi lui è partito ramingo in giro per il mondo. Naturalmente senza mai sapere prima dove andare, e soprattutto senza mai sapere prima cosa dover fare, o cosa poter fare.
“Ormai la mia casa è il mondo: questa è la mia condizione di apolide. La sola certezza che ho è che sono nato poverissimo a San Demetrio Corone, un piccolissimo paesino del Pollino. Il dopo, lo racconterete voi altri giornalisti, quando magari io non ci sarò più. Ho già fatto però testamento. Vorrei che dopo la mia morte le mie ceneri vengano sparse in uno dei campi di ginestre di Cerchiara di Calabria, che in questi giorni di maggio sono i campi fioriti più belli del mondo”.
Franco era ancora giovanissimo quando a San Demetrio confidò ai suoi compagni di gioco più cari, con cui divideva e condivideva la tragica monotonia della vita del suo paese,che “avrebbe presto girato il mondo”.
Tutti sapevano a San Demetrio della sua voglia di crescere altrove, di essere pronto a vivere nuove esperienze, di voler sfidare il destino a tutti i costi, e tutti sapevano che la cosa che Franco più sognava di fare era quella di viaggiare e di girovagare per terre lontane.
Ma la cosa che soprattutto gli piaceva di più era il dipingere, e la cosa che più lo eccitava era dipingere per strada, tipico allora dei famosi rritrattisti bohémiens francesi che con la pittura on the road avevano di fatto conquistato il cuore di milioni di persone in ogni parte del mondo. Cosi e stato per lui.
Franco Azzinari lascia dunque la Calabria ancora giovanissimo, aveva meno di sedici anni quando saluta tutti e tenta l’avventura del viaggio senza meta. E al confine con la Francia vive la sua prima disavventura, per fortuna superata poi nel migliore dei modi: la gendarmeria francese lo blocca alla frontiera e gli chiede il passaporto, ma il ragazzo calabrese non sa neanche che per lasciare il proprio Paese serve avere un passaporto. Lo rimandano indietro senza trattenerlo, ma è solo l’inizio per lui di una straordinaria avventura per i luoghi più lontani della terra.
Franco si tuffa allora nel vortice del tempo, si porta appresso solo una vecchia valigia di cartone in spalla, e poi prende un treno dopo l’altro, una corriera dopo l’altra, un piroscafo dopo l’altro, si adatta alla meno peggio sui carri bestiame che attraversano la vecchia Russia, soffre il gelo siberiano e per riscoprire i sapori del Mediterraneo scappa in Florida a godersi il sole americano, prima in giro per l’Europa, poi neanche l’Europa gli basta più, e allora tenta la grande avventura latinoamericana.
Sulla nave che per la prima volta lo porta in America vende tutte le tele che riesce a dipingere a bordo. Sono tele ricche di colori, il giallo, il rosso, il turchese, il verde, il bleu, dio solo sa quanta luce c’è in questi suoi quadri, che col passare degli anni faranno di lui un neorealista importante, perché ai ricchi passeggeri di queste navi questi colori raccontano come d’incanto una natura primordiale che non è più facile riscoprire nei loro paesi di provenienza.
Lo chiamano allora, proprio per questo, “Il pittore del vento”, capace di far sognare chiunque si fermi a guardare questi puzzle colorati di natura ancora incontaminata e vergine. E la Calabria, con il suo mare e i suoi sterminati campi di grano, diventa suo malgrado una terra da sognare e da vedere.
Azzinari lo racconta candidamente, i suoi quadri narrano la storia della sua terra natale, e spiega agli amici stranieri che qui a Cuba condividono con lui la magia di queste spiagge e di questi paradisi naturali che la Calabria è una terra lontana, ai margini del pianeta, soffocata dal sole e dalla miseria più nera, ma piena di agave e di campi di papaveri. Di margherite bianche e di ginestre bellissime. Capolavori su capolavori, mediati questa volta dall’estro dell’artista che usa i colori a olio con una disinvoltura senza paragoni.
Ai più nostalgici il grande artista calabrese racconta dei tramonti della sua costa e della bellezza insuperabile e incantata dello Ionio, è il mare di casa sua, e intanto continua a dipingere giorno e notte, fino allo stremo, ma solo in questo modo riesce a mettere i soldi da parte per l’avventura successiva.
E’ un uomo senza fine, un poeta moderno, uno chansonnier senza tempo e senza patria. Apolide per cultura e per scelta esistenziale.
Prima il Canada, poi gli Stati Uniti, da qui scende in Messico, e dopo il Messico finisce chissà come nella lontanissima Patagonia, per risalire poi l’intera costa dell’America Latina, Brasile, Argentina, Uruguay, Amazzonia, ora anche l’Africa, una conquista dopo l’altra, un paese dopo l’altro, una città dopo l’altra. Senza mai fermarsi, forse per paura di restarci per sempre.
E mentre gli anni passano, la gente si innamora della Calabria proprio grazie alle sue tele, che diventano nei fatti il primo vero grande manifesto vivente di una regione così lontana da tutto a migliaia di chilometri oltre Oceano.
Oggi non c’è angolo del mondo che Franco Azzinari non abbia conosciuto o scoperto, o raggiunto fisicamente.
Di questo suo lungo ed estenuante peregrinare ne parla quasi con timidezza. E’ come se non volesse far pesare a nessuno questa sua condizione di infaticabile globetrotter per i cinque continenti, anche se poi, magari in cuor suo, ha anche capito che i più lo invidiano proprio per questa sua filosofia di vita segnata da incontri con gente sempre diversa e da capitali straniere sempre nuove da conquistare.
Oggi alla soglia dei settantacinque anni questo straordinario figlio di Calabria sembra volersi finalmente fermare.
Almeno cosi ci confida, seduto al tavolino di uno dei ritrovi più famosi di Varadero, così come nella confusione umida della capitale cubana Franco Azzinari si lascia andare ad una delle confidenze più riservate della sua vita di artista.
E lo fa quando accenna a raccontare del suo incontro con Gabriel Garcia Marquez, proprio lui il Premio Nobel per la letteratura, lo scrittore che con i suoi romanzi ha emozionato e incantato intere generazioni, e che per mesi ha condiviso con lui momenti intimi e personali che nessuno forse potrà mai davvero raccontare fino in fondo.
Poi un giorno, per Franco Azzinari, come d’incanto si apre allora il palazzo dove oggi vive Fidel Castro, si spalancano le grandi gallerie dell’America latina, e per i grandi giornali latinoamericani Franco Azzinari diventa il “ritrattista italiano di Marquez”.
Alla inaugurazione della mostra all’Avana è presente il ghota della politica e dell’alta società cubana, ci sono i rappresentanti diplomatici di mezzo mondo, c’è anche tanta poverissima gente che ama Marquez da una vita, insomma un successo senza precedenti per un artista italiano di cui parleranno per giorni i grandi sistemi televisivi del nord america. La rassegna che oggi a Cuba attira ancora oggi ogni mese migliaia di visitatori, domani si sposterà a Boston, poi a Chicago, poi ancora a New York, per un lungo viaggio che Franco Azzinari farà di nuovo in giro per gli States. Poi sarà la volta dell’Europa.
Come dire? Ancora una volta di nuovo “On the Road”, alla Jack Kerouac, in giro per il mondo, quartiere dopo quartiere, periferia dopo periferia, contrada dopo contrada, alla ricerca di nuove emozioni e di nuovi personaggi da ritrarre.
Il prossimo? Franco Azzinari torna a sorridere, poi candidamente alla sua maniera disarmante risponde: ”Il prossimo fu Fidel Castro, il mio amico Fidel”.
E questa volta la mostra, come questa dedicata a Gabriel Garcia Marquez, farà di nuovo il giro per il mondo, e avrà come tema “I mille volti di Fidel”.
In alto, al centro di ogni tela, c’è lui, il leader Maximo Fidel, e la magia intrigante del suo sigaro cubano e del suo basco verde, in basso a sinistra invece di ogni ritratto la firma di questo figlio illustre di Calabria, Franco Azzinari, Semplicemente, Franco Azzinari
“Il mio amico Gabriel Garcia Marquez”
Il Premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez è stato uno dei suoi amici più veri e più frequentati da lui in America Latina.
Qui a Cuba tutti lo sanno, Franco Azzinari è diventato per tutti il ritrattista italiano personale e fidatissimo di Marquez. E’ l’unico pittore al mondo che sia riuscito a violare sul serio il grande silenzio calato negli anni in cui Marquez stava male attorno alla vita dello scrittore, soprattutto dopo l’annuncio ufficiale della sua malattia.
Gabriel Garcia Marquez, racconta Azzinari, non parlava mai del “suo” cancro, lo temeva, stava facendo di tutto per sconfiggerlo, ma come tutti quelli che si ammalano di cancro lo esorcizzava non parlandone per niente o parlandone solo in alcuni rarissimi frammenti della sua esistenza.
“Negli ultimi tempi della sua vita, il mio vecchio amico Gabriel era stanco delle tante terapie a cui lo sottoponevano i medici cubani, ma ricordo che lui viveva questa sua condizione di ammalato terminale con una lucidità e soprattutto con una serenità davvero quasi invidiabili”.
Ma forse proprio per questo, alla fine, il grande romanziere si era convinto di accettare la provocazione del suo amico italiano, quella di sedersi per ore, ogni giorno, su una poltrona nel giardino della sua casa, e accettare che Franco potesse dipingere il suo volto in tutte le maniere possibili e immaginabili.
Cosi sarà per giorni, per settimane, per mesi, e alla fine ne è venuta fuori una rassegna stupenda di ritratti che raccontano meglio di qualunque altra cosa al mondo la tristezza infinita dell’ “inventore” di Macondo.
Franco Azzinari, nel ricordare il suo amico scrittore sorride in maniera quasi disarmante, dà tutto per scontato, racconta delle ore interminabili trascorse in compagnia di Gabriela Garcia Marquez e sua moglie nel chiuso della loro casa, quanto basta per capire che migliaia di persone al mondo avrebbero voluto essere essere al suo posto, e magari continuano a invidiarlo ancora oggi proprio per questa sua straordinaria storia di amicizia con il grande Marquez
Guardando i ritratti che Azzinari ha regalato al suo amico scrittore cubano si intuisce che tra i due è nata un’intesa senza pari.
“La nostra è la storia di una grande amicizia, un incontro speciale tra uomini del sud, sia io che lui avevamo capito che c’è un momento nella vita in cui non puoi più correre, c’è un momento in cui devi rallentare il passo, e una stagione della vita in cui devi convincerti da solo che il tempo è passato anche per te. E allora, ricordo, il vecchio Gabriel si è fatto ritrarre da me con tanta pazienza, aspettando ogni mattina che io arrivassi a casa sua e prendessi confidenza con i colori giusti e, ritratto dopo ritratto, il grande Marquez si è reso conto che il suo amico pittore italiano lo aveva alla fine dipinto cosi bene da poter autorizzare, lui il mitico Marquez, che le sue tele potessero diventare oggetto di una rassegna internazionale” .
Cosi e stato.
Per ringraziarlo del tempo che Franco gli aveva dedicato, Gabriel Garcia Marquez scriverà poi queste cose :”…Azzinari è l’artista che riesce a carpire il linguaggio della natura, a sentire le voci nascoste che il vento libera nell’assordante silenzio delle distese di grano e di erbe selvatiche…”, ma prima ancora di Marquez lo aveva ben raccontato il grande Federico Fellini: “…Nelle sue tele abbondano i paesaggi in cui la luce irradiante filtra come per incanto … Dalla tela emana un non so che, odore di ginestre, di gelsomino o di grano alto, biondo, maturo, pervaso di tiepide atmosfere, mossi dal dolce vento del mediterraneo…”.Per l’indimenticabile prof. Federico Zeri,invece, Azzinari era l’artista della perfezione: “…Io mi diverto molto a guardare i tanti fili d’erba eseguiti con una perfezione addirittura maniacale. La sua pittura è sorretta da una tecnica straordinaria e da una suprema bellezza del senso del colore…”.
Un artista dal carattere eternamente schivo
Il mio primo incontro con Franco Azzinari data ormai tantissimi anni fa, forse anche trentacinque anni fa. Ricordo che mi venne presentato al Teatro Rendano di Cosenza da Tonino Sicoli, un famoso critico d’arte, in una delle poche occasioni mondane in cui in Calabria avevi modo di incontrare e di conoscere artisti famosi.
Mi trovai di fronte un uomo fortemente schivo, quasi timido, riservato, educato ad ascoltare in silenzio chi gli stava intorno, dai modi quasi eccessivamente formali, e tutto questo nonostante questa sua esibita e reale presenza fisica da condottiero romano.
Capii subito però che avevo a che fare con una persona speciale , e lo capii soprattutto dal modo come lui stesso mi parlò subito della sua vita.
Mi raccontava della sua infanzia poverissima in questo paesino minuscolo dell’entroterra cosentino che era stato San Demetrio Corone, come se la cosa riguardasse però una persona diversa da lui, con un distacco dal tempo e dai luoghi fisici dove egli stesso aveva vissuto per tanto tempo quasi disarmante, ma nello stesso tempo ricostruiva la sua esistenza calabrese con una dolcezza rara, appesantita da un velo di malinconia sufficiente ad alimentare in chiunque gli stesse intorno unn profondo senso di solitudine per il tempo trascorso.
Mi spiego’ che si era innamorato per la prima volta delle ginestre della sua sibaritide prima ancora di avere la sua prima emozione d’amore, il che mi convinse che a soli dieci anni questo ragazzo che viveva in campagna sotto il sole dalla mattina alla sera aveva gia imparato a conoscere il profumo dei fiori e il linguaggio muto delle piante, una suggestione non comune in una terra che gia’ allora sofrriva mille violenze quotidiane. Ma era la Calabria di quegli anni, una terra intrisa di miserie non solo umane, dove la ricchezza era per molti un miraggio lontano.
Quella stessa sera, ricordo, mi prese per il braccio e mi indicò uno dei tanti quadri esposti in quella grande sala. Era molto diverso dalle solite ginestre gialle che ormai identificavano il suo nome con le sue opere più importanti in ogni parte del mondo. Era invece il ritratto bellissimo e scarno di un negro d’america, l’altra faccia della sua vita, ma mi basta per intuire che dietro questa sua semplicita’ quasi mistica si cela anche l’amore immenso per un mondo lontano da noi migliaia e migliaia di chilometri. E fu sempre lui quella sera a parlarmi del suo “mal d’africa”, o meglio del suo rapporto forte, prepotente, viscerale, passionale, diretto, con un’isola bellisima come solo Cuba lo sa essere, e dove per anni il suo studio viaggiante non e’ stato altro il cuore antico dell’Avana.
La “mia Cuba”, storia di un amore senza fine e senza confini, “la mia isola tropicale, la vera grande passione per la vita, dove il mare e’ ancora vissuto dai pescecani e dove i pescatori prima di gettare le reti in mare si dispongono in ginocchio sulle proprie barche e pregano il signore perche’ l’oceano li accolga e li aiuti a sopravvivere”.
Quasi una leggenda, ma tutta la vita di Franco Azzinari pare essere attraversata dalla magia delle favole.
Oggi, dietro questo straordinario artista calabrese si cela un trascorso dai mille risvolti, pieno di tanti segreti, tutti suoi, quasi uno scrigno inespugnabile perche cosi lui vuole che sia. Inutile provare a saperne di piu’ della sua vita. Quello che vuole che gli altri sappiano di lui è tutto qui, in queste sue opere piene di luce, di vita, di sfrontata libertà, dove il vento non solo si vede, ma soprattutto si tocca, si avverte, si sente, e si respira prepotente. Che magia il mio primo incontro con il grande Azzinari.
“La volta che Zavoli mi parlò della morte”.
“Il mio primo incontro con Sergio Zavoli – ricorda il maestro Franzo Azzinari- fu immediatamente pieno e ricco di emozioni diverse. Io allora vivevo gran parte della mia vita in America Latina, avevo casa a Cuba, tornavo in Europa solo in occasione delle mie mostre ma poi tornavo nella mia casa davanti al mare che tanto amavo, e in una di queste mie parentesi romane mi venne presentato quello che io avevo sempre considerato un mito irraggiungibile, un giornalista che conoscevo bene per averlo visto mille volte in televisione, ma soprattutto che consideravo esempio di trasparenza e di correttezza professionale senza pari. Sai, all’estero, questi concetti e questi valori li vivi in maniera più forte di come possa accadere se vivi in Italia. E ricordo che quando lui mi porse la mano per salutarmi, mi disse che aveva visto le mie tele e che lo avevano colpito molto i miei papaveri e le mie ginestre, allora io finalmente capii che la mia vita non era forse trascorsa invano come per anni avevo creduto”.
Da quel giorno le strade di Franzo Azzinari e Sergio Zavoli si ritroveranno più volte, e col passare degli anni nasce tra “Franco e Sergio” un rapporto di grande amicizia e di grande complicità.
Prima che Zavoli morisse, il maestro Azzinari ogni qual volta tornava in Italia, lo andava a trovare nella sua casa di Monte Porzio Catone, e di quegli incontri così frequenti e ripetuti rimangono oggi dei saggi di una bellezza davvero struggente, l’ultimo dei quali è in realtà una lunga lettera personale, 19 cartelle dattiloscritte, in cui Zavoli racconta l’amico pittore come un genio del colore e dell’impressioniso pittorico,e lo fa con un trasporto che il grande cronista non si era mai concesso prima d’allora.
“Questo -scrive Zavoli di Azzinari- è il momento di confessare un piccolo segreto, nato nel silenzio, mai percepito da entrambi, il giorno in cui, mentre guardavo i suoi quadri ormai pronti per essere conclusi nelle loro cornici, lasciò che cominciassi a vaneggiare, assai più di oggi, nel tentativo di spiegare a me stesso l’arcano di un quadro, per dir così, tutt’uno con la natura senza che nulla di naturalistico potesse complicarmi le idee. Rimase, ricordo, laconico, si limitò a sorridermi né lusingato né indifferente. E fu lì, a quel punto, che nacque la nostra amicizia. Avvezzo, nel mio mestiere, a spendere molte parole anche per dire cose semplici, doveva sorprenderlo, o incuriosirlo, il mio almanaccare: perché anche al più incolto, ingenuo, addirittura sprovveduto ammiratore di quella singolare, sconosciuta, forse inedita bellezza, quei quadri gli uscivano dalle dita con una precisione così semplice e puntigliosa da sembrare scientifica? Che cosa, nei quadri di Azzinari, era più vero del vero?”
Ma ancora, Sergio Zavoli aggiunge: “Se qualcuno, magari a caccia di effetti, si avventurasse a chiamare Azzinari “pittore del vento” – per ciò stesso facendolo pressoché unico nel panorama pittorico contemporaneo – non uscirebbe da un’ immagine dopotutto credibile: quegli sprazzi di “natura vera” contribuiscono, infatti, a tener viva la riconoscibilità di un pittore che stavolta s’immerge o aspira a immergersi nell’ immaginario, senza rinnegamenti e abiure, perché ciò che conserva e autentica la tecnica e la poesia di Azzinari, in definitiva la sua arte, è una continua rincorsa tra il visto e il percepito, ma con la realtà sotto gli occhi, mai erratica nello stile, né concettualmente vaga”.
-Maestro, che ricorda si porta dietro di Serzio Zavoli?
“Ricordo che un giorno, tra le piante della sua bellissima villa alle porte di Roma ci siamo ritrovati a parlare del futuro, dei progetti che sia io che lui avevamo ancora da realizzare, e ricordo che lui mi fissò negli occhi e con tutto il carisma che aveva, ed era tanto, mi sorrise e mi disse ”sai Franco,io spero di arrivare alla morte sereno, e a questo mi sto già preparando”. Capii solo che forse era stanco di questa sua vita nevrotica, piena di mille relazioni e di mille incontri, in giro per il mondo, ma il modo come me ne parlò mi convinse che aveva vissuto una vita felice, intensa,e già questo era una grande conquista.Non finirò mai di dire grazie a Sergio Zavoli, per aver creduto in me, per avermi accettato tra la cerchia dei suoi amici, per aver scritto tante cose belle della mia vita che era niente rispetto alla sua, e soprattutto lo ringrazio per avere amato i miei quadri come fossero stati i suoi, E questo è il più grande privilegio che un gigante del giornalismo come lui potesse dedicare ad un povero ex ragazzo di Calabria come me”.
“Io, a casa di Fidel Castro”
“El Rostro della Historia” è l’ultimo regalo personale che il grande artista calabrese Franco Azzinari ha dedicato al suo vecchio amico Fidel Castro, di cui nel tempo era diventato anche uno dei ritrattisti ufficiali, uno dei pochissimi pittori moderni ammessi nella stanza del vero Capo della Rivoluzione Cubana, un rapporto il loro che è andato avanti nel tempo e negli anni e che oggi trova la sua sintesi migliore in questa straordinaria raccolta di ritratti che il Maestro Azzinari ha superbamente realizzato accanto a lui, e insieme a lui, in un andirivieni della storia che ha segnato per sempre la vita di entrambi.
Ma è naturale che alla fine il rapporto tra un ritrattista e un grande personaggio della Storia- dice oggi Franco Azzinari- diventi anche un rapporto di amicizia personale, “perché alla fine il ritrattista di un personaggio pubblico come Castro, o come Gabriel Garcia Marquez, o come Francis Ford Coppola, o come lo stesso Gianni Amelio oggi, diventa col passare dei giorni e dei mesi il vero confessore privato del suo “modello”.
-Ma che “modello” è stato per Franco Azzinari il Grande Fidel Castro?
“L’incontro con Fidel Castro – ricorda il maestro Azzinari- è stato per me una emozione difficile da raccontare. Non mi aspettavo in realtà che Castro mi ricevesse, che accettasse di incontrarmi, e che alla fine posasse per me. Sapevo che Castro conosceva bene il mio lavoro e la mia storia di artista, ma non potevo mai aspettarmi che una mattina delle guardie venissero a cercarmi nella mia casa sul mare di Cuba per portarmi nel Palazzo dove Castro viveva. E una volta davanti a lui ho finalmente capito che lui si fidava di me, e che io avrei potuto ritrarlo con tutta la calma necessaria e il tempo indispensabile per cogliere anche le sfumature più nascoste dell’uomo e dello statista. Stando accanto a lui per giorni ho capito fino in fondo il perché quest’uomo sarebbe passato definitivamente alla storia come uno dei più grandi protagonisti della rivoluzione mondiale. Castro era un uomo tutto di un pezzo, rigido e morbido insieme, sapeva apprezzare l’amicizia e coltivava i sentimenti dell’affetto e della solidarietà verso il suo popolo in maniera maniacale, come nessun altro avrebbe saputo o potuto fare, e trovava sempre il tempo per occuparsi anche dei problemi più piccoli e più insignificanti della sua terra e della sua gente. Era un uomo che amava il suo popolo così come poteva amare la sua vita e la sua famiglia, e al suo popolo e alla sua isola Castro ha dedicato tutto se stesso. La cosa che più di lui mi è rimasta impressa negli occhi sono le sue mani, mani grandi, mani forti, mani avvolgenti, mani ruvide, segno della sua grande disponibilità e apertura verso gli altri, mani grandi che sapevano come afferrarti, come abbracciarti, come stringerti, come avvolgerti. Davvero indimenticabile quella sua stretta di mano. Era come se lui ti conoscesse da sempre, e come se lui ti volesse dimostrare il suo affetto e la sua carica umana che non era riuscito a dimostrarti prima, magari per improrogabili impegni di governo. Ricordo questo suo sguardo magnetico, questa sua capacità di guardarti e di intuire il tuo pensiero, di carpire le tue idee, di anticipare le tue emozioni. Castro guardava il mio pennarello e mi diceva “Ti invidio per come tratti la tela e il cartoncino bianco”, ma in realtà ero io che lo guardavo e lo ammiravo con venerazione, tanta era grande la sua forza di attrazione. In quei giorni ho capito il vero perché Castro fosse diventato il leader maximo della rivoluzione cubana, e il leader unico dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo, perché nei fatto Fidel Castro viveva i sentimenti verso gli altri con la stessa fisicità con cui muoveva le sue mani poderose davanti al mio foglio di cartone bianco, alla stessa maniera con cui lui guardava e fissava le mie mani e le mie dite volteggiare sulla carta, alla stessa maniera con cui lui mi prendeva per il braccio per costringermi a bere un goccio di rum. E poi mi parlava sempre dell’Italia, mi parlava dei tanti italiani che avevano portato a Cuba le nostre tradizioni più belle, e mi parlava del Papa, perché uno dei suoi grandi sogni inconfessabili era proprio l’incontro con il santo Padre. Un sogno che per fortuna Castro riuscì a realizzare prima di affrontare il suo viaggio più lungo”.
Castro, per via della grande mostra di Azzinari a Castel dell’Ovo a Napoli per settimane è stato l’evento artistico più ammirato e più frequentato della città partenopea.
“Il fascino di Francis Ford Coppola”
Per la prima volta nella storia del Festival del Cinema di Giffoni un artista italiano diventa di fatto protagonista di primissimo piano di questa prestigiosa rassegna internazionale del cinema per ragazzi. Si tratta appunto del maestro Franco Azzinari, che qualche anno fa e’ stato a Giffoni, non per presentare un film per ragazzi, ma per raccontare attraverso la magia dei colori e delle sue tele la vita lucana, e l’amore folle che da sempre lega Francis Ford Coppola, regista di rango internazionale, alla sua terra natale, Matera, e al sud dell’Italia.
Una mostra che partita da Giffoni ha fatto poi il giro del mondo, Roma, Venezia, Parigi, Londra, per arrivare infine a Los Angeles dove è stato lo stesso regista italoamericano a presentare le tele di Azzinari al jet set del cinema mondiale. Per il ritrattista calabrese, un ennesimo successo plateale.
Dopo i ritratti realizzati a Gabriel Garcia Marquez, premio nobel per la letteratura, e a Fidel Castro, diventato nel tempo anche suo amico personale per le mille frequentazioni cubane, tocca ora ad uno dei monumenti della storia del cinema mondiale, il regista Francis Ford Coppola, l’autore di films indimentitabili come il Padrino, Apocalypse Now, Un sogno lungo un giorno, I ragazzi della 56 strada, La conversazione, Non torno a casa stasera, Giardini di pietra, L’uomo della pioggia, Dracula di bram stoker, Jack, Segreti di famiglia, Un’altra giovinezza, ma tanti altri ancora.
Questa volta Azzinari ha preferito riprendere il suo “modello” tra i colori della sua terra natale, nel cuore piu’ antico della terra lucana, piu’ precisamente nelle campagne di Bernarda, un grumo di case e di storia popolare in provincia di Matera, da dove venivano i suoi nonni, e dove suo padre tornava ogni qualvolta poteva con un trasporto e un’emozione che oggi sono la vita stessa dell’autore del Padrino.
Tredici grandi ritratti, uno piu’ efficace dell’altro, sono primi piani del grande regista, con sullo sfondo il panorama della sua piccola Bernarda, i dettagli delle sue “rughe”, che lo rendono ancora piu’ affasciannte di quanto la sua storia di cineasta non abbia contribuito a fare, i particolari delle sue mani, che non sono quelle affusolate e bellissime di Fidel Castro, ma che danno l’idea della normalita’ e della semplicita’ del personaggio ritratto.
Ancora una volta- scrive di lui la stampa americana- “il pittore italiano del vento ha superato se stesso”. Un’avventura pittorica che lo portera’ dal Giffoni Festival a Venezia prima di tutto, poi nella grande mecca del cinema mondiale, nella baia di Los Angeles, sulle colline di Hollyvood, dove il grande regista gli ha promesso di fargli conoscere “i miei tanti amici di lavoro”. Che tradotto in parole povere significa il vero mondo internazionale del cinema d’autore.
Per Franco Azzinari è il coronomento di un lungo percorso e di una lunga esperienza pittorica che fa oggi di lui,uno degli artisti italiani viventi piu’ interessanti e più amati del paese. Certamente uno dei più grandi ritrattisti viventi d’europa.
“Eyes in color”, i bimbi dell’Amazzonia
“Eyes in color” si chiama cosi l’ultima sua grande rassegna internazionale, interamente dedicata ai bambini dell’Amazzonia, ma anche allo stesso Papa Francesco a cui Franco Azzinari, nel corso del suo ultimo incontro con il Pontefice, aveva promesso che nelle sue tele avrebbe raccontato la bellezza e la malinconia dei bambini indios.
“Eyes in color” sta per “Occhi nel colore”, tema di grande suggestione con cui il ritrattista di Gabriel Garcia Marquez lancia e anticipa alla stampa specializzata di Montecarlo la sua prossima mostra, che subito dopo l’estate verrà inaugurata prima in Calabria, per poi fare il giro delle principali capitali estere.
“Spero che il mio progetto diventi un grande evento internazionale perché la rassegna ospiterà i ritratti di decine di bambini che in questi anni ho incontrato in Amazzonia, dove ho trascorso lunghi periodi della mia vita, alla ricerca di una realtà molto lontana da tutti noi cittadini europei”.
Il ritrattista di Gabriel Garcia Marquez aggiunge: “I bambini che io ho incontrato in Amazzonia, e a cui tante volte ha fatto riferimento il santo Padre nei suoi discorsi ufficiali sui “più poveri del mondo”, non sono come tutti i nostri bambini. Forse sono più poveri degli altri, ma sono anche più fortunati, perché sono bimbi che nascono crescono e vivono con negli occhi i colori bellissimi della loro terra. Ho attraversato migliaia di chilometri, e ho visto che laggiù non ci sono grandi città, grandi palazzi, grandi ponti in acciaio, non ci sono macchine. Questi bimbi, per tutta la loro vita, vedono allora soltanto i colori del mare, della foresta, dei fiumi, delle cascate, delle orchidee, delle sterlizie, della natura incontaminata che hanno intorno. Non vedono nient’altro. E io spero che le mie tele possano ben raccontare la loro vita e la loro meravigliosa semplicità”.
Il lavoro e la mostra di Azzinari vanta questa volta una firma eccellente e una testimonianza di altissimo profilo accademico, quella della poetessa, scrittrice, e antropologa Màrcia Theòphilo, candidata al Premio Nobel del 2005 per la poesia, nata e cresciuta in Amazzonia, e che dei bambini dipinti dal “pittore del vento” dice cose bellissime.
“I bambini guerrieri/ ciascuno incarna un mito/hanno cinture di paglia intrecciata/ornate di penne di arara/orecchini di Penne di arara/ collane di unghie di giaguaro/bracciali di conchiglie di fiume…”.
“Bambini ultimi del mondo, bambini lontani anni luce dalla civiltà dei popoli occidentali, bambini guerrieri sin dalla nascita, con una fierezza e una forza d’animo che è difficile immaginare o anche solo raccontare, ma che Azzinari ha colto e riprodotto meravigliosamente bene nei loro sguardi e nel loro saper essere icone della resistenza di un popolo disposto a rinunciare a tutto tranne che alla bellezza dei suoi paesaggi incontaminati e baciati dal sole. Negli affreschi del maestro ritrovo oggi i colori più autentici della mia Amazzonia, la mia “patria”. Bambini che Azzinari ci racconta oggi nelle sue tele, bambini affogati di luce e di colori, la luce e i colori straordinari che solo la mia terra sa ancora preservare difendere e offrire al resto del mondo, in maniera quasi religiosa”.
“I bambini indios che Franco Azzinari ha incontrato e a cui mi dicono abbia anche insegnato a dipingere, portando loro dalla lontana Europa le tele e i colori giusti per farlo, i bambini indios con cui Azzinari ha trascorso lunghi mesi della sua permanenza in Amazzonia, hanno insegnato anche a lui il vero grande segreto del mio popolo. Che è la semplicità della vita quotidiana, la serenità con cui si affronta il tempo che scorre, la voglia di crescere felici ma restando in terra indios, sorridendo agli animali e parlando con gli animali. Dalla nascita alla morte. Nelle tele di Franco Azzinari si coglie con mano la forza dei sogni e delle illusioni fantastiche dei nostri bambini Indios”.
“Solo una donna indios come me può capire fino in fondo quando un artista come Azzinari confessa di avere incontrato e conosciuto un popolo che non sa cosa sia il “grigio”. Ma è così per tutti noi che siamo nati laggiù, lontano da tutto e da tutti. Educati a crescere con negli occhi la luce dei colori forti dei pappagalli o dei fiori cui la mia terra è stracolma in ogni giorno e in ogni mese dell’anno”,
“Amazzonia, Meo amor”...
“Un giorno… sul Corriere della Sera”
Un giorno nella vita di Franco Azzinari arriva anche il Corriere della Sera, con un pezzo scritto da uno degli intellettuali più lucidi e più interessanti di questi ultimi 30 anni in Italia, Nuccio Ordine, professore Ordinario all’Università della Calabria, ma con un trascorso internazionale di altissimo profilo in giro per il mondo.E da quel giorno, Franco Azzinari diventa uno degli artisti italiani più conosciuti e più ammirati dal mondo della stampa e dal grande pubblico.Questo che segue è il suo curriculum ufficiale.
Franco Azzinari nasce a San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza, il 3 marzo 1949. Rimane orfano giovanissimo. Dopo la morte dei genitori, all’età di quattordici anni, lascia la Calabria. Inizia così per lui un vero e proprio viaggio di formazione che lo porterà ad attraversare in lungo e in largo l’Europa. Per diversi anni vive a Parigi, dove subisce il fascino dei grandi pittori impressionisti, in modo particolare di Gauguin, Van Gogh e Monet. I tre prestigiosi artisti avranno un’influenza fondamentale sul suo futuro artistico.
In Francia, per guadagnarsi da vivere, Azzinari inizia a eseguire ritratti ai turisti per strada. Nel 1973 si stabilisce a Lerici (SP) dove realizza dieci tavole sulla Liguria. Nel 1974, sempre a Lerici, presso la galleria La Cattedrale, allestisce la sua prima mostra personale che darà ufficialmente inizio alla sua attività artistica. Nello stesso anno, Azzinari apre a Milano uno studio-galleria. Nel 1977 intraprende una serie di viaggi in Estremo Oriente inseguendo le tracce di antiche civiltà asiatiche. Gli anni seguenti sono caratterizzati da importanti esperienze negli Stati Uniti, nelle isole Seychelles e in Brasile. Nel corso degli anni ottiene autorevoli e prestigiosi riconoscimenti. Le sue opere fanno ormai parte d’importanti collezioni italiane e straniere.
Nel 1992, durante un viaggio a Cuba, ritrova nei personaggi e nelle campagne del luogo i colori della sua terra d’origine. Per Azzinari è un colpo di fulmine, un susseguirsi di straordinari incontri. Ritrae Gregorio Fuentes, il marinaio di Hemingway, il Presidente Fidel Castro che posa per l’artista, il musicista Compay Segundo, le nature morte e le campagne assolate cubane. Nasce in tal modo nel 2001 il progetto Franco Azzinari – Cuba che comprende una mostra allestista dapprima al Museo Nazionale dell’Avana e successivamente in diverse città italiane, e la pubblicazione dell’omonimo catalogo edito dalla casa editrice Electa di Milano.
Nello stesso anno Azzinari, interessato alla mitologia greca, si reca nei luoghi in cui sono vissuti gli dei dell’antichità. Dipinge così La culla di Apollo (Isola di Delos), Istmo di Corinto (Peloponneso), La baia di Poseidone (Capo Sounion), La baia di Ulisse (Itaca). Nel frattempo l’Amministrazione Comunale di Altomonte (CS) dona al Maestro gli spazi della Torre Pallotta, monumento di origine normanna la cui costruzione risale al 1052. In quest’antica struttura, il 2 giugno del 2002 viene inaugurato il “Museo Franco Azzinari” che raccoglie la collezione Vent’anni con la natura, quaranta tra le più significative opere dell’artista. All’interno del “Museo Franco Azzinari” ci sono quattro stanze dedicate alle opere cubane.
Negli ultimi anni Azzinari, affascinato dalla vita di Ernest Hemingway, ripercorre le orme dello scrittore dipingendo i luoghi e i personaggi da lui amati sia a Cuba che in Kenia e in Tanzania. Nel dicembre del 2008 l’Università della Calabria organizza un’esposizione presso l’Aula Magna e pubblica il catalogo dal titolo Azzinari. Cercando Hemingway. Nel 2010 il Ministero della Cultura di Cuba Abel Prieto, per il cinquantesimo anniversario della scomparsa del celebre scrittore americano, organizza la mostra di pittura Cercando Hemingway, presso la torre del Museo Hemingway in Finca Vigía all’Avana. Nel dicembre dello stesso anno, nel corso di un incontro con il suo amico scrittore, nasce l’idea della mostra Espressioni di García Márquez. Sono venti ritratti dedicati all’autore di Cent’anni di solitudine che sono esposti all’Avana, presso la Fondazione Cine Latino Americano, dall’otto dicembre del 2011 al dieci gennaio del 2012.
Nel luglio del 2012, presso la Casa del Alba Cultural de La Habana, Franco Azzinari e Alex Castro organizzano la mostra El Rostro de la Historia, un omaggio dedicato dai due artisti a Fidel Castro in occasione del suo ottantaseiesimo compleanno. A ottobre dello stesso anno, Azzinari espone la sua collezione Venti del Mediterraneo, organizzata a Roma, presso il Complesso Monumentale dei Dioscuri al Quirinale. Dal 20 maggio al 28 giugno 2013, la mostra Looking for Hemingway sarà allestita presso la Scollay Square Gallery and the Mayor’s Gallery del Municipio di Boston. L’evento è incluso nel programma “2013 – Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti”, promosso dal Ministero degli Esteri e dall’Ambasciata Italiana di Washington D.C.
La mostra “Looking for Hemingway” è stata esposta a Chicago Casa Italia dal 10 al 30 agosto 2013, nell’occasione è stato realizzato un volume dall’Amministrazione provinciale di Cosenza. Ad agosto 2015, Franco Azzinari incontra Francis Ford Coppola a Bernarda (Mt) nel Resort (Palazzo Margherita) proprietà dello stesso regista.
Fra i due nasce il progetto “Il Mondo emozionale di Francis Ford Coppola”: 20 ritratti ad olio, formato cm100x70. La prima esposizione è allestita al Convento San Francesco, Giffoni Valle Piana (Sa), in occasione del “Giffoni Film Festival – 2016”.
Reduce da successi internazionali ripresi dai grandi media americani, oggi Franco Azzinari è tornato in Calabria per rifare la sua valigia e ripartire, questa volta per l’Amazzonia, e le Isole Salomon dove lo aspetta una grande nuova avventura in difesa dell’ambiente e dei bambini che ogni giorno muoiono di fame.